Ci siamo incontrati, per la prima volta circa 10 anni fa, sui banchi della Harvard Law University.
Io ero già al secondo anno, Cristina invece si era appena iscritta al primo anno e partecipava ai corsi di diritto pubblico che io avevo drammaticamente bocciato l’anno precedente.
Mi colpì subito: morbide onde color miele incorniciavano il suo volto dai tratti gentili, che sembrava riflettere un animo dolce ma con un carattere forte, lo si vedeva dal portamento, deciso ma sinuoso.
La ragazza acqua e sapone, bella, sorridente che avevo sempre sognato era seduta nella stessa aula, ma ancora non la conoscevo, non avevo il coraggio di rompere il ghiaccio.
Molto spesso la incontravo in biblioteca a studiare, china sui libri, ma il primo tentativo di approccio ogni volta si vanificava per l’amica o l’amico che posava i libri sulla scrivania accanto per studiare con lei.
Fino a quando non la incontrai da solo in ascensore. Presi il coraggio a quattro mani e le chiesi se amava le poesie di Paolo Cohelo e lei, dopo qualche istante, mi rispose “Chi ama riesce a vincere il mondo, non ha paura di perdere nulla. Il vero amore è un atto di totale abbandono.”
In quel momento capii che Cristina sarebbe diventata la donna della mia vita.